Crescere il Carciofo
Consigli sulla nutrizione

Il carciofo è una pianta che ha origine nel bacino del Mediterraneo. Più della metà della produzione mondiale avviene in Europa, di cui un terzo in Italia, primo produttore europeo dopo Spagna ed Egitto.

I nostri consigli per coltivare al meglio il Carciofo
(Cynara scolymus L.)

  • Si ritiene che il carciofo abbia avuto origine nell'area del Mediterraneo, in particolare nel Nord Africa. Era conosciuto già dagli antichi Egizi, che ne apprezzavano le qualità culinarie e medicinali.

  • Esistono diverse varietà di carciofo, che variano per dimensione, forma e colore. Tra le più note varietà ci sono il carciofo romanesco, il carciofo spinoso sardo e il carciofo violetto.

  • La coltura del carciofo è diffusa soprattutto nell'Italia meridionale, dove con il risveglio anticipato della carciofaia in estate è possibile anticipare l'epoca delle raccolte all'inizio dell'autunno.

  • Il carciofo è una coltura pluriennale con un apparato radicale vigoroso che gli permette di esplorare un gran volume di terreno.

  • Esige un terreno profondo, ricco, ben areato e drenato a causa dell’imponente sviluppo radicale e della sensibilità ai marciumi radicali. E’ una pianta molto esigente in acqua e tollera bene la salinità.

  • Il carciofo resiste abbastanza bene fino a temperature di 0°C. Temperature inferiori possono provocare danni più o meno gravi alle infiorescenze ed alle foglie; a temperature inferiori a -10°C possono essere compromesse anche le gemme del fusto rizomatoso.

  • Il carciofo risente anche della temperatura molto elevata, per cui la fase del riposo vegetativo è tra la fine della primavera e l'estate.

Classificazione

Famiglia Asteraceae
Genere Cynara
Specie Cynara scolymus L.

Varietà

Le varietà di carciofo coltivate in Italia possono essere classificate, in base alle caratteristiche agronomico-commerciali, in due grandi gruppi:

  • Varietà autunnali

Chiamate anche rifiorenti, producono a cavallo dell’inverno, con un inizio della raccolta tra ottobre e novembre. Dopo una pausa invernale, la produzione continua in primavera fino a maggio. In generale, queste varietà sono caratterizzate da un capolino medio-piccolo, con un peso di circa 150-200 g. Una parte consistente della produzione primaverile, che appare dopo l’inverno, è destinata all’industria conserviera per la surgelazione e l’inscatolamento.

  • Varietà primaverili

Coltivate principalmente nelle aree costiere dell’Italia centro-settentrionale, queste varietà forniscono una produzione più o meno precoce che può durare da febbraio-marzo fino a maggio-giugno. Questi carciofi sono molto pregiati e presentano un capolino molto più grande rispetto ai rifiorenti, rendendoli adatti anche per l’esportazione. Le varietà primaverili si suddividono in due grandi famiglie: i “Romaneschi” e i “Toscani”.

 

Tecnica colturale

Il carciofo è considerato una coltura da rinnovo e richiede un’aratura profonda al momento dell’impianto. Si tratta di una coltura poliennale, la cui durata può variare da 7 a 10 anni in assenza di fattori avversi. Dopo il carciofo, è consigliabile coltivare un cereale o, nelle zone orticole, altri ortaggi, per evitare i problemi legati alla coltivazione ripetuta.

La preparazione del terreno avviene in periodi diversi, a seconda della modalità d’impianto della coltura, che può essere per ovuli o per carducci, all’inizio dell’estate o in autunno. Prima dell’impianto è necessaria una lavorazione profonda (40-50 cm), seguita da lavorazioni più superficiali con frangizolle ed erpice per ottenere un letto di semina ideale. La concimazione organica deve essere effettuata durante la lavorazione profonda.

Generalmente, la concimazione fosfatica e potassica viene effettuata al momento dell’impianto e negli anni successivi, durante il risveglio vegetativo. La concimazione azotata è in parte distribuita insieme agli altri due elementi e in parte frazionata in un paio di applicazioni durante il periodo di massimo accrescimento della vegetazione.

 

Esigenze ambientali

Il carciofo necessita di un clima mite e sufficientemente umido, per cui il suo ciclo normale è autunno-primaverile nelle condizioni climatiche del bacino mediterraneo, mentre nelle zone più fredde tende alla produzione primaverile-estiva. Resiste bene fino a temperature di 0°C, ma temperature inferiori possono causare danni più o meno gravi alle infiorescenze e alle foglie; a temperature sotto i -10°C, anche le gemme del fusto rizomatoso possono essere compromesse.

Anche le temperature molto elevate possono influire negativamente sul carciofo, causando una fase di riposo vegetativo tra la fine della primavera e l’estate.

Le esigenze idriche del carciofo sono elevate e in parte soddisfatte dalla piovosità durante il periodo di coltivazione. Nella coltura precoce estiva è necessario intervenire con abbondanti apporti di acqua.

Il carciofo predilige terreni profondi, freschi, di medio impasto e di buona struttura, con un pH intorno alla neutralità, sebbene si adatti a terreni con diverse caratteristiche.

 

Requisiti nutrizionali

Il carciofo si caratterizza per asportazioni NPK in rapporto medio di 2,5-1-3,5.

Seppure la pianta risulta abbastanza rustica, per una buona produzione di capolini richiede ingenti quantità di elementi nutritivi. In particolar modo si hanno elevate asportazioni di fosforo nelle fasi di sviluppo post-trapianto e durante la formazione dei capolini, mentre i picchi di assorbimento di azoto e potassio coincidono con la differenziazione dell’apice caulinare e nella fase di maggior produzione dei capolini stessi.

Nei terreni caratterizzati da elevata salinità, come in molte aree del sud Italia, il carciofo è in grado di utilizzare il sodio al posto del potassio, motivo per cui non è raro che le asportazioni di sodio raggiungano i 150 kg/ha all’anno.

Tra i microelementi, uno dei più importanti è il boro, dove in caso di carenza si possono verificare imbrunimenti della parte centrale dello stelo in prossimità del capolino.

Di seguito vengono riportate le asportazioni medie annuali (pianta intera e capolini):

Elemento nutritivoAsportazioni medie (kg/ha)
Azoto (N)230-280
Fosforo (P2O5)70-100
Potassio (K2O)350-400
Calcio (CaO)150-200
Magnesio (MgO)40-60
Zolfo (SO3)60-80

 

Ruolo dei nutrienti

Azoto

Il carciofo è una coltura pluriennale che beneficia notevolmente di una buona concimazione organica. Il fabbisogno d’azoto è massimo durante la fase di intensa crescita vegetativa delle foglie. Questo fabbisogno viene soddisfatto grazie alle riserve nelle radici, alla disponibilità nel terreno e all’apporto di fertilizzanti. Dopo la raccolta dei capolini, un ulteriore apporto di azoto aiuta a ricostituire le riserve per l’anno successivo.

Le piante rispondono rapidamente alla concimazione azotata, mostrando un vigoroso sviluppo vegetativo, un ritmo di crescita elevato e una colorazione delle foglie più verde. Tuttavia, un’eccessiva disponibilità di azoto può ritardare l’ispessimento della parete cellulare, rendendo i tessuti più teneri e acquosi. Questi tessuti sono più suscettibili agli attacchi di funghi, batteri e insetti, oltre che ai danni causati da condizioni meteorologiche avverse come siccità e abbassamenti termici.

Un’abbondante concimazione azotata induce spesso una crescita vegetativa rigogliosa, ma può ritardare la precocità di produzione dei capolini e posticipare l’entrata in quiescenza della carciofaia alla fine della primavera o all’inizio dell’estate. A causa delle perdite per dilavamento provocate dalle irrigazioni e dalle piogge abbondanti, l’azoto deve essere somministrato in modo frazionato.

Fosforo

Il fabbisogno di fosforo per il carciofo è basso, ma a differenza dell’azoto, il fosforo non è soggetto a dilavamento. La concimazione fosfatica influisce in particolare sulla precocità e migliora le caratteristiche qualitative dei capolini, soprattutto nei terreni poveri di questo nutriente. Nei terreni calcarei o con pH superiore a 7, è consigliabile aumentare l’apporto di fosforo, preferibilmente in forma solubile e frazionata, utilizzando magari la fertirrigazione.

Potassio

Il potassio è l’elemento maggiormente utilizzato dal carciofo, soprattutto durante la formazione e l’emissione dell’infiorescenza. A seconda della disponibilità del terreno, il carciofo è in grado di utilizzare il sodio al posto del potassio, una caratteristica utile nei terreni salmastri, come quelli presenti lungo molti litorali italiani dove si coltiva il carciofo.

Il potassio è generalmente ben presente nei terreni coltivati a carciofo, quindi l’uso dei concimi potassici è principalmente volto a mantenere un buon livello della componente facilmente assimilabile dalla pianta. Il solfato di potassio (contenente il 50% di K2O) è considerato il concime potassico di maggior pregio, grazie anche alla presenza di zolfo (44% di SO3) e all’assenza di cloro, che lo rendono adatto alla maggior parte dei terreni coltivati a carciofo.

Al contrario, il cloruro di potassio (contenente il 60% di K2O) è meno consigliabile a causa della presenza di cloro, soprattutto quando si utilizzano acque irrigue ricche di cloro e con alta conducibilità elettrica (EC).

Calcio & Magnesio

Calcio e Magnesio sono spesso considerati macroelementi secondari poiché, generalmente, sono presenti nel terreno e nell’acqua di irrigazione in quantità sufficienti a soddisfare le esigenze delle colture. Pertanto, solo raramente è necessario intervenire con specifiche somministrazioni per aumentarne la disponibilità.

Le asportazioni di questi elementi, sebbene significative, come nel caso del calcio (oltre 150 kg/ha) e del magnesio (40 kg/ha), sono normalmente reintegrate attraverso l’impiego di concimi come il nitrato di calcio e il solfato di magnesio.

Q&A

Ecco alcune domande frequenti che abbiamo ricevuto dagli agricoltori!

  • Il carciofo tollera bene la salinità, fino a valori di conducibilità elettrica dell’estratto saturo del terreno di 4,8 dS/m e dell’acqua di irrigazione di 2,7 dS/m non si verificano perdite produttive. Per ogni dS/m di incremento di conducibilità elettrica oltre soglia le riduzioni di resa possono variare dal 10 al 15%.

    • Miglioramento dei parametri qualitativi e prevenzione delle fisiopatie quali l’atrofia dei capolini, stress termico e salino;
    • Incremento di resa in termini di numero e peso dei capolini;
    • Sviluppo equilibrato dei nuovi impianti messi a dimora.

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