La guida per crescere
l'Uva da tavola
La Vitis vinifera, comunemente conosciuta come vite europea (più correttamente euroasiatica), è coltivata in oltre 40 Paesi nel mondo. Tuttavia, più del 50% della produzione globale è concentrata in Europa.
I nostri consigli per crescere al meglio l'uva da tavola
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L'uva da tavola predilige climi caldi, asciutti e soleggiati, in quanto incidono positivamente sui processi d’accrescimento e maturazione dei frutti. La vite si estende dalle pianure litoranee alle zone collinari, fino ad una altitudine di 500-700 m s.l.m..
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La vite nei mesi invernali tollera minimi termici fino a -16/-18 °C, purché i freddi non siano improvvisi ed alternati a giornate calde. È sensibile a gelate primaverili tardive.
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I livelli termici ottimali per il germogliamento sono di 9/10°C, per la fioritura sono di 18/22°C e per l’invaiatura di 22/26°C. La temperatura ottimale per la maturazione è di circa 20/24°C.
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I danni da eccesso termico possono compromettere la qualità del raccolto (dal raggrinzimento degli acini fino all’appassimento totale).
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L’uva da tavola teme bagnature prolungate ed umidità molto elevata che possono causare problemi gravi di peronospora e marciumi sul grappolo. Per questo, la pratica della copertura anti-pioggia risulta piuttosto comune.
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L’impiego di teli e reti viene inoltre sfruttato per anticipare o ritardare l’epoca di maturazione e raccolta.
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Sono da prediligere terreni ben drenati, profondi e con pH tra 6 e 7,5, possibilmente ricchi in sostanza organica. Tuttavia, la vite presenta una buona rusticità e si adatta a diverse condizioni pedo-climatiche.
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Richiede un’attenta gestione idrica e risente negativamente di acque con livelli eccessivi di calcare o di salinità.

Vigneto da uva da tavola

Uva da tavola da vicino
Classificazione
Famiglia | Vitaceae |
Genere | Vitis |
Specie | Vitis vinifera |
Ogni varietà può avere esigenze leggermente diverse, quindi è consigliabile consultare le informazioni specifiche relative per garantire le condizioni di crescita ottimali. Un esame a 360 gradi del sito produttivo è la base di partenza.
È fondamentale eseguire una previa analisi chimico-fisica del terreno per determinare il corretto valore di nutrienti da apportare, e un’analisi chimico-agraria dell’acqua di irrigazione per una corretta fertirrigazione.
Per evitare problemi di elevata salinità, gli apporti nutritivi devono essere il più possibile frazionati, controllando sempre la EC e il pH della soluzione nutritiva fornita in fertirrigazione.
Caratteristiche botaniche della vite da uva da tavola
Il fusto e le ramificazioni: Il fusto (o ceppo o tronco) della vite è contorto e ricoperto dal ritidoma, che si sfalda longitudinalmente. Pur essendo verticale, può presentare inclinazioni diverse in base alla forma di allevamento.
Le ramificazioni sono chiamate germogli o pampini quando erbacee, e tralci quando lignificate (questi ultimi diventano sarmenti dopo la potatura). I tralci sono costituiti da nodi e internodi (meritalli), che variano in numero e lunghezza.
Le foglie: sono semplici, distiche e alterne, con un picciolo di lunghezza variabile e una lamina palmato-lobata con cinque nervature primarie che originano lobi separati da seni (le foglie possono essere intere, trilobate o pentalobate). Le foglie sono asimmetriche ed eterofille, cioè la forma cambia lungo lo stesso tralcio. Possono essere anche ricoperte di peli.
Le gemme: derivano dal meristema primario e si suddividono in gemme pronte, ibernanti, normali e latenti.
I cirri (viticci): sono organi di sostegno volubili che sono erbacei durante l’estate e lignificano alla fine del ciclo vegetativo.
I fiori: sono riuniti in un’infiorescenza chiamata grappolo composto o racemo composto (pannocchia), che si inserisce sul tralcio in posizione opposta alla foglia. L’infiorescenza è costituita da un rachide centrale sul quale si trovano i racimoli suddivisi in vari ordini. L’ultimo ordine, chiamato pedicello, porta il fiore. Il numero dei fiori per grappolo può variare (fino a 100). I fiori sono ermaphroditi, con un calice di 5 sepali, una corolla di 5 petali e 5 stami. L’ovario è bicarpellare e contiene 4 ovuli. I fiori possono essere ermafroditi, staminiferi o pistilliferi, con vari tipi intermedi.
Il frutto; è una bacca (acino), composta da:
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Epicarpo (buccia)
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Mesocarpo (polpa, tessuto molle e succoso)
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Endocarpo (tessuto membranoso che racchiude i semi o vinaccioli)
Gli acini sono posti sui pedicelli che formano, con le ramificazioni del grappolo, il raspo o graspo. La forma, la dimensione, il colore e il sapore degli acini variano a seconda della varietà.
Requisiti nutrizionali della vite da uva da tavola
Le asportazioni colturali dell’uva da tavola variano in funzione del carico produttivo ma anche della cultivar. Per l’impostazione del piano di nutrizione è bene conoscere le caratteristiche di acqua e terreno al fine di evitare eccessi vegetativi che rendono la pianta più sensibile ai patogeni, o carenze.
Le asportazioni di potassio sono elevate ed influenzano direttamente la qualità delle bacche (pezzatura, colore, °Brix) e la tolleranza della pianta agli stress abiotici. Tuttavia, è bene mantenere un corretto rapporto tra potassio, calcio e magnesio, al fine di migliorare la consistenza delle bacche, la shelf life ed evitare decadimenti qualitativi.
Irrigazione
Nelle regioni centro-meridionali (ma spesso anche nel settentrione) l’irrigazione a goccia rende possibile una ricca viticoltura con un notevole miglioramento della qualità dell’uva.
Benché la vite abbia una buona resistenza alla siccità, è frequente il caso in cui le piogge siano insufficienti a compensare le perdite per evaporazione e per il consumo della pianta. Questo accade a maggior ragione dove i terreni sono superficiali, con un modesto strato attivo.
Nel periodo che va dall’allegagione alla chiusura del grappolo, la disponibilità di acqua influisce sul numero di internodi, sulla dimensione delle foglie e sulla dimensione finale dell’acino: non è conveniente per la qualità che nessuno di questi parametri vada fuori controllo.
Un moderato stress idrico è utile per assicurare una buona maturazione dell’acino, e quindi l’irrigazione non deve eliminare questo stress, ma solo ridurlo (stress controllato).
Attraverso la gestione dell’acqua si cerca di ottenere un ottimale rapporto foglie/grappoli ed un’ottimale dimensione degli acini.
Ruolo degli elementi nutritivi
Azoto
L’azoto è l’elemento nutritivo fondamentale per lo sviluppo della vegetazione, ma risulta anche il più difficile da gestire e somministrare correttamente. Un eccesso di azoto può compromettere la qualità dell’uva, favorendo una vegetazione eccessivamente rigogliosa, aumentando la suscettibilità alle malattie e rendendo difficile la lignificazione dei tralci. Al contrario, una carenza di azoto limita lo sviluppo equilibrato della vite, riducendo l’attività fotosintetica delle foglie e, di conseguenza, la produzione.
La concimazione deve essere sempre orientata verso il miglioramento del rendimento qualitativo, evitando di stimolare lo sviluppo vegetativo a scapito della qualità del prodotto finale.
Le concimazioni azotate dovrebbero essere suddivise in tre fasi: una parte (40% del totale) subito dopo il germogliamento, una seconda parte (35% del totale) dopo l’allegagione, preferibilmente con azoto nitrico o concimi a pronto effetto, e una parte finale (25% del totale) subito dopo la vendemmia.
L’apporto di azoto deve essere adattato al tipo di vigneto: in un vigneto vigoroso, come quello di molte viti vecchie innestate su portainnesti vigorosi (ad esempio il Kober 5BB), l’apporto di azoto può ulteriormente stimolare la vegetazione a discapito della produttività.
Fosforo
Il fosforo è un elemento essenziale per la vite, ma spesso viene somministrato in quantità superiori alle reali necessità della pianta. Un eccesso di fosforo può compromettere l’assimilazione di altri nutrienti fondamentali come ferro, manganese e zinco, creando microcarenze.
Sebbene la carenza di fosforo sia rara, quando si verifica può causare danni significativi, compromettendo lo sviluppo delle piante.
Nel caso dell’irrigazione localizzata a goccia, gli elementi meno mobili, come fosforo e potassio, si spostano più facilmente nel terreno. Questo facilita l’assimilazione del fosforo da parte della coltura per un periodo di tempo relativamente lungo.
Le perdite di fosforo per lisciviazione sono trascurabili e, a differenza dell’azoto, il frazionamento degli apporti di fosforo non è critico per la pianta.
Potassio
Il potassio svolge un ruolo importante nel limitare parzialmente gli effetti negativi causati da eccessi di azoto e, soprattutto, favorisce la produzione e la dislocazione degli zuccheri nell’acino, contribuendo così alla qualità del frutto.
La carenza di potassio, pur non influendo significativamente sulla quantità di produzione, ne riduce però notevolmente la qualità. Al contrario, eccessi di potassio possono provocare effetti negativi in terreni poveri di magnesio, a causa della competizione tra i due elementi, con possibili difficoltà di assorbimento del magnesio stesso. Inoltre, basse concentrazioni di calcio e magnesio rispetto al potassio possono causare il disseccamento del rachide.
In un sistema di fertirrigazione a goccia, il potassio viene distribuito più uniformemente nel bulbo umido del terreno, aumentando la sua disponibilità per la pianta. Tuttavia, può essere soggetto a lisciviazione (a seconda della tessitura del terreno), sebbene abbia una persistenza maggiore rispetto all’azoto nitrico.
Calcio
Il calcio riveste un ruolo cruciale nel processo di lignificazione e nella maturazione del legno della vite, contribuendo a una maggiore tolleranza ai geli invernali. La vite dpuò assorbire circa 40-80 kg/ha di calcio, che si accumula principalmente nelle foglie in quantità crescente durante la stagione. Circa il 40% dell’assorbimento di calcio avviene nel periodo tra l’emergenza delle foglie e la formazione del frutto. Un ulteriore 30% viene assorbito e accumulato principalmente nelle foglie e nei grappoli, tra l’allegagione e l’invaiatura. L’ultimo 30% di calcio viene assorbito dopo l’invaiatura, soprattutto quando i tralci iniziano a lignificare.
Gli acini, che contengono una bassa quantità di calcio, vedono questa concentrazione diminuire durante la maturazione (dal 0,5% al 0,16%). Il calcio è fondamentale per mantenere l’elasticità delle pareti cellulari, riducendo la formazione di spaccature negli acini, in particolare in condizioni di elevata umidità. Per questo motivo, le applicazioni fogliari di calcio sono utili per preservare la consistenza ottimale degli acini.
Magnesio
Il magnesio è uno degli elementi principali della clorofilla e la sua carenza provoca clorosi fogliare. I primi segni di clorosi si manifestano tipicamente sulle foglie basali.
Fenomeni nutrizionali, in particolare quelli legati al magnesio, sono direttamente associati al disseccamento del rachide, un disturbo che coinvolge anche potassio e calcio. Il rapporto K/Mg nelle foglie è strettamente correlato alla frequenza dei sintomi di questa fisiopatia, evidenziando l’importanza dell’equilibrio tra questi nutrienti per mantenere la salute della pianta.
Le carenze nutritive della vite da uva da tavola
Le carenze nutrizionali più comuni che caratterizzano l’uva da tavola si distinguono da quelle della vite da vino a causa di caratteristiche varietali ed areale di coltivazione.
Tra le più comuni:
- Carenza di magnesio: si manifesta con ingiallimenti e decolorazioni internervali delle foglie più basali e può essere causata da un eccesso di potassio, calcio o salinità di suolo e acqua.
- Carenza di ferro e zinco: comparsa di clorosi internervale, internodi corti e malformazioni. Le cause sono riconducibili a suoli calcarei, eccessi di fosforo o, nel caso dello zinco, a carenze endimiche dei suoli.
- Carenza di potassio: sintomi sulle bordature fogliari che tendono a sbiadire e ripiegare i lembi verso il basso. Suoli sabbiosi, dilavati e con poca sostanza organica possono indurre i sintomi più facilmente.
L’azoto è il nutriente da bilanciare in maniera oculata sulla base varietale e sulle caratteristiche pedo-climatiche della zona, al fine di evitare squilibri vegeto-produttivi.
Guide & Articoli
Q&A
Ecco alcune domande frequenti che abbiamo ricevuto dagli agricoltori!
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Se ti stai chiedendo quando piantare la vite, la risposta corretta è durante il periodo di fermo vegetativo, ovvero da dicembre a maggio. Questo intervallo consente alle barbatelle di vite di attecchire correttamente prima della ripresa vegetativa.
Dicembre è considerato il mese ideale per l’impianto del vigneto: le piogge invernali forniscono l’irrigazione naturale necessaria a favorire lo sviluppo delle radici. Tuttavia, grazie ai moderni sistemi di irrigazione a goccia, è possibile piantare la vite anche in primavera inoltrata, con ottimi risultati.Dove piantare la vite: clima e terreno ideale
La vite è una pianta estremamente resistente e adattabile, ma per ottenere uva di qualità è fondamentale piantarla in un luogo con un clima temperato. Durante il periodo dell’invaiatura (quando i grappoli iniziano a cambiare colore), è importante che le temperature raggiungano almeno i 18°C, per garantire una corretta maturazione dell’uva.
La vite può essere coltivata in numerosi ambienti:
- zone marittime, pianure o collinari
- aree montane, anche soggette a inverni rigidi
- regioni tropicali, subtropicali o persino semi-desertiche
Grazie alla sua tolleranza climatica, la coltivazione della vite è diffusa in tutto il mondo.
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Irrigazione e concimazione
Anche se la vite è resistente alla siccità, per uno sviluppo ottimale necessita di una corretta irrigazione(33-208 mm/anno).
La concimazione primaverile è essenziale, soprattutto per le viti giovani che hanno un fabbisogno elevato di azoto. A questo vanno aggiunti anche fosforo, potassio e magnesio, nutrienti indispensabili per garantire una produzione di uva sana e abbondante.
Potatura e legatura della vite
Un altro aspetto fondamentale nella cura della vite è la potatura. Le viti giovani richiedono una potatura formativa per rafforzare il fusto. Con l’età, la potatura diventa meno invasiva ma resta essenziale per stimolare la produzione e gestire la forma della pianta.
La legatura dei tralci è utile per proteggerli dal rischio di spezzarsi sotto il peso dei grappoli, specialmente in caso di varietà molto produttive.
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Dopo la fase di allegagione, decisiva per una buona produzione, segue quella dello sviluppo delle bacche (acini).
Per una crescita ottimale sono importanti la temperatura, il clima e soprattutto elementi nutritivi e biostimolanti di cui la pianta beneficia.
Difficoltà metaboliche e carenze in questa fase possono limitare la possibilità di sviluppo degli acini ed avere ricadute negative sulla qualità e conservabilità dei grappoli.Scopri la nostra gamma di biostimolanti BEOZ™ e trova il prodotto più adatto alle tue esigenze.
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Coltivare l’uva da tavola è una scelta ideale per chi desidera frutti freschi, sani e gustosi direttamente nel proprio vigneto o giardino. Esistono numerose varietà di uva da tavola, ognuna con caratteristiche diverse per colore, gusto, epoca di maturazione e resistenza alle malattie.
Ecco alcune tra le uve da tavola più coltivate e apprezzate:
- Uva bianca: dolce, croccante e molto versatile
- Uva rossa: aromatica, con note fruttate intense
- Uva Italia: tra le più diffuse, con acini grandi e croccanti
- Uva Regina: conosciuta per la buccia spessa e la lunga conservabilità
- Uva Pizzutella: dalla forma allungata e sapore inconfondibile
- Uva Vittoria: precoce, ideale per chi cerca una raccolta anticipata
- Uva Cardinal: varietà precoce a bacca rossa, molto succosa
- Uva apirena (senza semi): perfetta per il consumo diretto e per bambini
- Uva ecologica: varietà resistenti alle malattie, che non richiedono trattamenti fitosanitari
Come scegliere la varietà di uva da tavola da coltivare
Per scegliere quale uva coltivare, è importante considerare non solo i gusti personali, ma anche alcuni fattori agronomici chiave:
1. Periodo di maturazione
È utile optare per varietà a maturazione scalare, cioè con epoche di raccolta diverse, per prolungare la stagione di raccolta e avere uva fresca più a lungo. Ad esempio:
- Uva Vittoria e Cardinal: maturazione precoce
- Uva Italia: maturazione media
- Uva Regina o Pizzutella: maturazione tardiva
2. Esposizione e microclima del vigneto
La scelta della varietà dipende anche dalla posizione dell’impianto:
- In zone ombreggiate o poco soleggiate, è meglio evitare varietà a maturazione tardiva, che potrebbero non raggiungere un buon grado zuccherino.
- In aree molto soleggiate e ben esposte, si possono coltivare con successo anche le varietà tardive, sfruttando al massimo l’accumulo di zuccheri e aromi.
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Il periodo di esecuzione della potatura secca va da novembre a marzo: per questioni di carattere organizzativo, e nelle pergole per evitare danni da neve, si inizia a potare da novembre, appena dopo la caduta delle foglie; il momento migliore per la potatura è però da fine gennaio a fine marzo.
Cosa succede se non si potano le viti?
Nel caso non si decidesse di potare la vite, accadrebbe ciò che succede sempre in natura: una crescita incontrollata della pianta che tende quindi a espandersi e a produrre tanti grappoli piccoli, non molto dolci e, in generale, poco equilibrati.
Quando non potare la vite?
È altamente sconsigliato potare in ottobre dopo la vendemmia e anche novembre non è il periodo giusto perché la vite potrebbe non aver completato il processo di restituzione delle sostanze di riserva a legno e radici.
Quante gemme si devono lasciare nella potatura della vite?
In generale, negli impianti allevati a spalliera, con potatura a cordone speronato o Guyot e con una densità di 3000-4000 ceppi/ettaro, si consiglia di limitare il carico di gemme a 10-14 per ceppo, mentre in quelli allevati a pergola abruzzese è bene contenere intorno a 24-32 il numero di gemme per ceppo.
Cosa dare alla vite dopo la potatura?
Dopo la potatura, in vigna i tralci tagliati vanno raccolti. Alcuni invece preferiscono lasciarli negli interfilari, triturali con il trinciasarmenti per poi interrarli, come sostanza organica, con le successive lavorazioni del terreno o usarli come pacciamatura.
Quale può essere un effetto negativo di una potatura anticipata?
Potature effettuate in anticipo aumentano la probabilità di infezioni da parte di spore fungine ancora attive – per esempio il mal dell’Esca – che, servendosi delle ferite causate dai tagli di potatura, non ancora cicatrizzate, possono penetrare con più facilità nei tessuti delle piante, avviando i loro tipici processi infettivi.
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- Lasciar passare troppo tempo tra una potatura e l’altra
Uno degli errori più frequenti nella gestione della vite è quello di trascurare la potatura per periodi prolungati. La crescita disordinata compromette sia la produzione, sia la resistenza della pianta, mentre interventi regolari permettono di dare la forma desiderata alla vite, di tenere in equilibrio l’attività vegetativa e produttiva, di favorire la salute della pianta e influenzare positivamente la quantità e la qualità dell’uva prodotta.
Inoltre, nonostante la vite abbia una buona capacità di cicatrizzazione delle ferite, esiste un’enorme differenza tra tagliare un ramo di piccolo diametro o uno particolarmente grande e più difficile da rimarginare.
Si tratta di considerazioni essenziali, soprattutto per la potatura nei primi anni di vita, quando vengono impostate le basi per il futuro del vigneto. È sbagliato pensare che in queste fasi sia una buona idea lasciare che la pianta si sviluppi in libertà, bensì è utile effettuare tagli mirati con tecniche e attrezzi performanti, pensati per lo scopo.
- Non dare una forma alla pianta da giovane
Modellare la vite nelle prime fasi di crescita è indispensabile per garantirne la produttività nel tempo e il benessere. La potatura di formazione o di allevamento, effettuata proprio nei primi anni dopo l’impianto del vigneto, definisce la struttura della pianta, le consente di sfruttare in maniera ottimale lo spazio a sua disposizione e anche di godere di un’illuminazione e di un arieggiamento ottimali.
Ciò facilita anche gli interventi futuri, come la raccolta e la manutenzione della pianta, mentre modificare la forma di allevamento della vite in momenti successivi può essere difficoltoso o anche rischioso.
- Non rispettare il periodo di potatura ideale
Potare la vite nel momento sbagliato può causare danni significativi alla pianta. Come accennato, la vite è sensibile alle operazioni di taglio ed è consigliato effettuare i più incisivi interventi di potatura nei periodi riposo vegetativo, quando è minore il rischio che le ferite perdano un’eccessiva quantità di linfa o si infettino a causa di proliferazioni patogene.
Inoltre, è sempre bene evitare di eseguire tagli sui rami in condizioni climatiche estreme, come gelo o pioggia, un’accortezza fondamentale per prevenire stress e danni alla pianta.
- Allontanare i rami fruttiferi dal tronco
Mantenere i rami fruttiferi troppo distanti dal tronco riduce l’efficienza nella distribuzione delle risorse, compromettendo la qualità e la quantità del raccolto. I capi a frutto devono essere posizionati in modo bilanciato per garantire una crescita uniforme e una corretta alimentazione dei grappoli.
Se non viene rispettato questo principio esiste anche un concreto rischio che il tronco principale perda di vigore, esponendosi a secchezza e malattie. È, quindi, consigliato contenere lo sviluppo orizzontale della pianta, tenendo le parti produttive della pianta il più vicino possibile alla base. Per gli stessi motivi è anche una buona idea limitare lo sviluppo verso l’alto della vite, che porterebbe a un progressivo svuotamento dei tralci sottostanti in favore di una concentrazione fruttifera sulla parte alta della chioma, poco equilibrata e anche poco pratica in fase di raccolta.
- Non tenere conto dell’esposizione dei grappoli
Una potatura errata può influenzare l’esposizione dei grappoli alla luce. Se la parte superiore della chioma viene potata eccessivamente, i grappoli sono privati della naturale protezione delle foglie e risultano troppo esposti al sole. Al contrario, una potatura insufficiente lascia i grappoli più bassi in ombra, ostacolandone la maturazione. Un equilibrio tra illuminazione e protezione è essenziale per garantire un raccolto di alta qualità.
- Sbagliare taglio e punto di taglio
Effettuare tagli imprecisi o in punti sbagliati può danneggiare la pianta e comprometterne la vitalità e le capacità fruttifere. Sono diverse le tipologie di taglio che si possono eseguire, ognuna con scopi diversi. Ad esempio, tagliare completamente un ramo nei pressi del collare può essere indicato quando si vogliono eliminare rami secchi, inutili, malati o dalla direzione scorretta.
Invece, si esegue un taglio inclinato appena sopra la gemma, quando si vuole portare più linfa alle gemme che potenzialmente daranno vita a fiori e frutti o anche a nuovi rami produttivi. È possibile anche il cosiddetto taglio di ritorno, che si effettua sui rami principali e può servire a cambiarne la direzione di sviluppo o contenere le dimensioni della pianta. È fondamentale, quindi, conoscere l’anatomia della vite e utilizzare strumenti adeguati a eseguire tagli netti e precisi.
- Utilizzare una forbice errata
L’uso di forbici inadeguate o poco affilate rappresenta uno dei principali fattori di rischio per la salute della vite. I tagli irregolari, infatti, possono esporre i tessuti vegetali a infezioni e compromettere la cicatrizzazione del ramo. Le forbici professionali realizzate con focus sulla precisione e sulla robustezza, assicurano tagli senza sbavature, con molteplici vantaggi: riducono lo stress per le piante, garantiscono loro una guarigione veloce e, inoltre, permettono ai viticoltori di eseguire operazioni rapide con il minimo sforzo.
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La causa più comune dell’ingiallimento fogliare è la mancanza di nutrienti essenziali, come azoto, ferro, magnesio o zinco. La clorosi ferrica, in particolare, si verifica quando le piante non riescono ad assorbire sufficiente ferro dal suolo, risultando in foglie gialle con venature verdi.
Come posso far tornare verdi le foglie gialle?
Per far tornare verdi le foglie gialle dell’uva da tavola, puoi provare a concimare la pianta con del ferro o a intervenire contro eventuali malattie o parassiti.
Tra i prodotti che consigliamo per questo obiettivo ci sono:
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A seguito di una gestione errata della chioma (potatura invernale ed estiva), la vite può subire squilibri vegeto-produttivi che ne riducono drasticamente il potenziale produttivo.
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