Crescere il Susino
Consigli sulla nutrizione
In Italia, la coltivazione del susino si estende su circa 13.000 ettari, con una produzione che supera le 200.000 tonnellate. La regione principale di produzione è l'Emilia-Romagna, con circa il 40% della produzione totale!
I nostri consigli per crescere al meglio il susino
(Prunus domestica L.)
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Originario del Caucaso, il susino è stato successivamente coltivato in Siria e introdotto dai Romani nell'area del Mediterraneo.
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Il susino fruttifica senza problemi fino ad oltre i 1.000 metri d’altitudine e resiste maggiormente alle gelate primaverili poiché la fioritura è più tardiva di altre drupacee.
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Resiste quindi meglio ai ritorni di gelo ed è adatto alle zone interne, con clima più rigido.
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Ha in genere una maturazione dei frutti più tardiva e soffre le zone troppo umide.
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Il susino ha un fabbisogno di freddo di circa 500-800 ore con temperature al di sotto di +7°C per poter fiorire e produrre normalmente.
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Nella preparazione del terreno per un nuovo impianto è necessario assicurare il deflusso delle acque superficiali, lo scolo delle acque di infiltrazione e la transitabilità ai mezzi meccanici in condizioni di massima sicurezza.
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L'aratura o ripuntatura deve essere più profonda in zone siccitose o non irrigabili.
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Il comportamento della pianta di susino cambia a seconda delle varietà, da molto assurgente a molto espanso.
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L’irrigazione è fondamentale nel periodo della fioritura, dell’allegagione e dell’accrescimento del frutto.
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I fabbisogni idrici del susino variano secondo diversi fattori: terreno, piovosità, portinnesto, varietà, gestione del suolo, ecc..
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Si può optare per un impianto di irrigazione a goccia al fine di avere una maggiore precisione nella distribuzione dell’acqua nei periodi più importanti per la pianta.
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Il pH della soluzione nutritiva erogata si deve mantenere al di sotto di pH 6,5 per evitare che si formino incrostazioni da calcare che possono occludere i gocciolatori.
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Piante adulte di Prugna d'Agen
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Susino in fiore
Classificazione
Famiglia | Rosaceae |
Genere | Prunus |
Specie | Prunus domestica L. |
Ogni varietà può avere esigenze leggermente diverse, quindi è consigliabile consultare le informazioni specifiche relative per garantire le condizioni di crescita ottimali. Un esame a 360 gradi del sito produttivo è la base di partenza.
È fondamentale eseguire una previa analisi chimico-fisica del terreno per determinare il corretto valore di nutrienti da apportare, e un’analisi chimico-agraria dell’acqua di irrigazione per una corretta fertirrigazione.
Per evitare problemi di elevata salinità, gli apporti nutritivi devono essere il più possibile frazionati, controllando sempre la EC della soluzione nutritiva fornita in fertirrigazione.
Varietà
Le specie di Prunus sono suddivise in tre categorie principali:
- Specie Asiatico-Europee
- Susini europei (Prunus domestica): comprendono cultivar europee come le Regine Claudie, Prugne Vere e Gocce d’Oro.
- Susini siriaci (Prunus insititia): includono le Damaschine ovali, Damaschine sferiche, Mirabelle e Sangiuliane.
- Mirabolani (Prunus cerasifera): specie spontanea originaria dell’Asia Minore.
- Altre specie: includono piante selvatiche utilizzate sia per la coltivazione che come materiale per il miglioramento genetico.
- Susini Cino-Giapponesi
- Giapponese puro (Prunus salicina): specie originaria dell’Estremo Oriente, probabilmente dalla Cina.
- Cino-Giapponesi di minor interesse (Prunus simonii).
- Susini Americani
- Include vari gruppi, come Prunus americana, Prunus nigra e Prunus americana mollis, ma di scarso interesse agronomico.
I susini europei sono caratterizzati da una fioritura tardiva, con una buona resistenza al freddo e un fabbisogno maggiore di freddo, motivo per cui non sono consigliati al Sud Italia.
Sono per lo più autocompatibili e hanno 1-2 fiori per gemma. Al contrario, i susini cino-giapponesi sono più precoci, hanno una fioritura più precoce e sono autoincompatibili, con 2-3 fiori per gemma. L’impollinazione di entrambe le specie è sia entomofila (mediata dagli insetti) che anemofila (mediata dal vento).
I susini europei hanno una buona resistenza al freddo, mentre i susini cino-giapponesi sono più adatti a climi più caldi. Entrambe le varietà si adattano bene anche a suoli calcarei.
Impianto
Il susino fruttifica senza problemi fino ad oltre i 1.000 metri d’altitudine e resiste maggiormente alle gelate primaverili poiché la fioritura è più tardiva di altre drupacee. Resiste quindi meglio ai ritorni di gelo ed è adatto alle zone interne, con clima più rigido. Ha in genere una maturazione dei frutti più tardiva e soffre le zone troppo umide.
Il susino ha un fabbisogno di freddo di circa 500-800 ore con temperature al di sotto di +7°C per poter fiorire e produrre normalmente.
Nella preparazione del terreno per un nuovo impianto è necessario anzitutto assicurare il deflusso delle acque superficiali, lo scolo delle acque di infiltrazione e la transitabilità ai mezzi meccanici in condizioni di massima sicurezza. Per lo scolo delle acque superficiali, ove necessario, si predispongono delle leggere pendenze e si ripristinano i fossi di raccolta e di smaltimento. In casi particolari si potrà eseguire anche una baulatura del terreno lungo i filari.
L’uso generalizzato, per ora, di vari tipi di mirabolano quale portinnesto del susino, non pone grandi problemi nella scelta del terreno in quanto questo si adatta alla maggior parte dei suoli, da quelli argillosi e pesanti a quelli sabbiosi e calcarei, ed anche terreni piuttosto magri e ricchi di scheletro. L’adozione di portinnesti meno vigorosi, come GF 655/2, riduce questa adattabilità ai terreni.
La preparazione del terreno comporta, come per le altre drupacee, una lavorazione più o meno profonda a seconda della struttura del suolo, con interramento di sostanza organica, di concimi fosfatici e potassici in buona quantità per elevare a livelli ottimali la fertilità. L’aratura o ripuntatura deve essere più profonda in zone siccitose o non irrigabili.
Le forme di allevamento del susino sono le stesse utilizzate per le altre drupacee, cioè forme in volume: vaso libero, ritardato, basso; e forme appiattite: palmetta, fusetto, ipsilon.
Il comportamento della pianta di susino cambia però a seconda delle varietà, da molto assurgente a molto espanso. Occorre tenerne conto perché una varietà molto assurgente non si presta facilmente ad una forma a vaso così come quella molto espansa non si adatta al fusetto.
La tendenza, ormai generalizzata, di puntare a taglie contenute con un’intensificazione della densità delle piante e la ricerca di forme basse per la raccolta in massima parte da terra, vale anche per il susino.
Le forme di allevamento possono essere: vaso basso (sesti 5,5 x 3 m), palmetta irregolare (4,5 x 3 m), e Palmetta libera (4,5 x 3 m).
Tecnica colturale
La concimazione è fondamentale per mantenere un equilibrio vegeto-produttivo ottimale nelle piante di susino, garantendo allo stesso tempo frutti di alta qualità. Determinare la giusta quantità di fertilizzanti da applicare richiede una valutazione accurata della dotazione del terreno, delle asportazioni minerali effettuate dalle piante e delle tecniche colturali adottate, come l’inerbimento o la trinciatura del legno di potatura.
La concimazione di produzione dovrebbe essere guidata dalla diagnostica fogliare per evitare l’applicazione di fertilizzanti non necessari o in quantità inappropriate. Questo approccio consente di ottimizzare l’uso dei concimi, migliorando l’efficacia degli interventi e riducendo gli sprechi.
L’irrigazione è fondamentale nel periodo della fioritura, dell’allegagione e dell’accrescimento del frutto.
I fabbisogni idrici del susino variano secondo diversi fattori: terreno, piovosità, portinnesto, varietà, gestione del suolo, ecc..
Per un ettaro di susino in produzione, si stima un consumo di 200-300 mm di acqua, pari a 2.000 a 3.000 mc d’acqua/ha, considerando però che le piante utilizzano solo una parte dell’acqua che arriva loro con le precipitazioni o con l’irrigazione; l’apporto sarà quindi sensibilmente superiore.
Soprattutto appena dopo il trapianto, fino ai due-tre anni, si deve irrigare con l’obiettivo per favorire l’attecchimento e lo sviluppo delle giovani piante.
Si può optare per un impianto di irrigazione a goccia al fine di avere una maggiore precisione nella distribuzione dell’acqua nei periodi più importanti per la pianta.
La distribuzione del totale volume di adacquamento deve differenziarsi in funzione delle diverse situazioni:
- più frequente nei terreni sciolti che in quelli compatti;
- più concentrata in primavera-inizio estate per le varietà precoci;
- più abbondante nella fase di fioritura;
- scarsa fino all’indurimento del nocciolo;
- più elevata durante l’accrescimento del frutto nel mese che precede la raccolta;
- ancora limitata dopo la raccolta seppur continua, per favorire la differenziazione delle gemme e l’accumulo di sostanze di riserva.
La fertirrigazione è una tecnica importante, i cui effetti benefici sono subordinati a un’attenta conoscenza di tutti i fattori che condizionano le caratteristiche vegeto-produttive del frutteto. Per evitare eccesso di salinità nel terreno i valori di conducibilità della soluzione erogata non devono superare i 1,4-1,8 mS/cm.
Un altro aspetto importante è rappresentato dal pH della soluzione nutritiva erogata, che si deve mantenere al di sotto di pH 6,5 per evitare che si formino incrostazione da calcare che possono occludere i gocciolatori e quindi preservare la funzionalità dell’impianto. Valori ottimali sono compresi tra pH 5,5 e 6,5. Nel caso in cui sia necessario abbassare il pH della soluzione fertirrigata viene consigliato l’uso di acidi come il Nitrico o il Fosforico.
Esigenze e fabbisogni nutritivi
Azoto
Nelle piante, come anche per il susino, l’azoto è l’elemento nutritivo più importante e lo sanno bene gli agricoltori che lo forniscono alle colture attraverso la concimazione. Questo elemento rappresenta uno degli elementi di base delle proteine e del materiale genetico (DNA) e nelle piante svolge un ruolo fondamentale in numerosi processi biochimici.
È assorbito dalle radici sotto forma di nitrato (NO3⁻). L’azoto in forma ammoniacale (NH4⁺) è trattenuto dai colloidi argillosi e dalla sostanza organica (C.S.C.).
In condizioni di temperature di suolo ottimali (20-25°C) e terreni con buon drenaggio, la forma ammoniacale si trasforma rapidamente in azoto nitrico.
L’azoto nitrico è la forma azotata maggiormente assorbita dalle piante ed è facilmente soggetta alle perdite per percolazione in quanto, essendo uno ione con carica negativa, non è trattenuto dalle argille del terreno (C.S.C.). L’azoto nitrico è quindi, la forma azotata maggiormente coinvolta nell’inquinamento delle falde acquifere.
In un terreno mediamente dotato e per una produzione stimata di 20-30 ton/ha, si consigliano: 90-120 kg/ha di azoto. Per una produzione inferiore alle 20 ton/ha e/o per terreni ben dotati di sostanza organica, si consigliano circa 60-80 kg/ha. Se si prevedono produzioni superiori alle 30 t/ha e/o per terreni con scarsa dotazione di sostanza organica, si consigliano 150 kg/ha.
Fosforo
La necessità di fosforo da parte degli alberi da frutto è molto inferiore rispetto agli altri macronutrienti. Raramente, infatti, in frutticoltura si trovano casi di carenza di fosforo.
Abbondanti concimazioni fosfatiche possono ridurre l’assorbimento dell’azoto e, al contrario, in situazioni di eccesso di azoto nel suolo, non si verifica il blocco dell’assorbimento del fosforo. Il fosforo è presente in tutti i processi che comportano trasformazioni energetiche.
È uno dei costituenti essenziali dei nucleotidi, degli aminoacidi e di numerosi enzimi.
Il Fosforo nel terreno è poco mobile, la sua somministrazione va effettuata prima dell’impianto come concimazione di fondo. Durante la coltivazione, in particolare se siamo in presenza di situazioni di carenze, il P dovrà essere distribuito precocemente in autunno o dopo la ripresa vegetativa in fertirrigazione con concimi fosfatici solubili.
In un terreno mediamente dotato e per una produzione stimata di 20-30 ton/ha, si consigliano: 40-60 kg/ha di P2O5. Per una produzione inferiore alle 20 ton/ha o per terreni con dotazione elevata di fosforo, si consigliano circa 30-40 kg/ha. Se si prevedono produzioni superiori alle 30 t/ha o per terreni con scarsa dotazione di fosforo, si consigliano 50-70 kg/ha.
Potassio
Il potassio partecipa attivamente alla crescita dei frutti e in particolare agli elementi che determinano la loro qualità (traslocazione dei foto-sintetati e sintesi degli zuccheri).
Una sua carenza conduce alla produzione di frutti più piccoli, meno colorati, poveri di succo e di zuccheri, e quindi meno serbevoli. Il potassio determina un maggior turgore dei tessuti, rendendo la pianta più resistente agli attacchi dei parassiti.
Elemento poco mobile nel terreno ma abbastanza mobile all’interno della pianta. Il movimento degli ioni K⁺ all’interno del suolo, per raggiungere la superficie radicale, avviene principalmente per diffusione. È quindi molto importante la presenza nel terreno di un livello di umidità ottimale e costante durante tutto il ciclo annuale. Stress per carenza idrica diminuiscono notevolmente l’assorbimento di questo elemento.
In un terreno mediamente dotato e per una produzione stimata di 20-30 ton/ha, si consigliano: 120-180 kg/ha di K2O. Per una produzione inferiore alle 20 ton/ha o per terreni con dotazione elevata di potassio, si consigliano circa 90-130 kg/ha. Se si prevedono produzioni superiori alle 30 t/ha o per terreni con scarsa dotazione di potassio, si consigliano 150-200 kg/ha.
In caso di carenza, esso dovrà essere integrato con concimazioni autunnali con solfato di potassio (K2SO4) o in primavera in terreni sabbiosi. Se si dispone di un impianto di fertirrigazione, una parte del K si può apportare con concimi potassici solubili come il Nitrato di Potassio (KNO3).
Calcio
La funzione principale del calcio nella pianta è quella di favorire la resistenza meccanica dei tessuti vegetali.
Il calcio influenza la traslocazione dei carboidrati e l’assorbimento di altri principi nutritivi. Il calcio favorisce la lignificazione e aumenta la resistenza al freddo.
La carenza è rilevata dalla presenza di foglie gialle all’apice dei germogli e di colore verde nelle parti basali, dallo scarso sviluppo delle radici per la morte delle porzioni apicali.
L’eccesso di calcio nel terreno determina il blocco di alcuni microelementi come il fosforo ed il ferro.
Magnesio
Il magnesio è uno dei componenti della clorofilla. Le carenze sulle foglie più vecchie compaiono con delle decolorazioni internervali, prima clorotiche poi necrotiche e successiva caduta, con sintomi che si manifestano nell’estate avanzata a cominciare dalle foglie basali.
La carenza di magnesio è tipica di terreni sabbiosi e poco dotati in sostanza organica.
Può essere apportato al terreno o con concimi magnesiaci o con complessi (che però lo contengono in quantità limitate).
In caso di elevate produzioni, viene consigliato di apportare Mg al terreno (magari in fertirrigazione) con solfato di magnesio (MgSO4) o nitrato di magnesio (Mg(NO2)²).
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