Biostimolanti in agricoltura: cosa sono?
Sono fertilizzanti specializzati per l’agricoltura che non sostituiscono i fertilizzanti tradizionali, ma ne completano l’azione.
Questi prodotti supportano la pianta nel fronteggiare gli stress abiotici, migliorano la qualità delle produzioni e ne potenziano la produttività. Rendono le piante più resistenti a condizioni avverse e ne favoriscono lo sviluppo ottimale, migliorando anche caratteristiche estetiche e organolettiche.
Grazie alla loro applicazione, le piante sviluppano una maggiore capacità di resistere agli stress, di adattarsi al trapianto e di affrontare situazioni sfidanti con performance superiori. È importante sottolineare che questi prodotti non rientrano nella categoria dei prodotti per la difesa delle colture, destinati alla protezione da stress biotici, regolati dalla normativa sugli agrofarmaci.
Si tratta di una gamma ampia e variegata, non riducibile a una singola funzione. Già nel 1945, il ricercatore Blagoveshchensky introdusse il concetto di “biogenic stimulant”, sottolineando l’effetto di determinati composti nel potenziare l’attività enzimatica delle piante.
Successivamente, nel 1997, Zhang e Schmidt del dipartimento di Scienze Ambientali del Virginia Tech definirono questi materiali, applicati in piccole quantità, come promotori dello sviluppo delle piante, con particolare riferimento alla gestione dei tappeti erbosi.
Definizione dei Biostimolanti
La legislazione italiana, con il D.Lgs. 75/2010 e la modifica del 10 luglio 2013, ha introdotto una categoria specifica denominata “Prodotti ad azione specifica su pianta – Biostimolanti”, definiti come:
“Prodotti che apportano ad un altro fertilizzante o al suolo o alla pianta, sostanze che favoriscono o regolano l’assorbimento degli elementi nutritivi o correggono determinate anomalie di tipo fisiologico.”
L’intero allegato 6 della normativa è dedicato a questa categoria di prodotti, suddivisi sulla base degli elementi utilizzati nei formulati, tra cui:
- Idrolizzato proteico di erba medica
- Epitelio animale idrolizzato (solido o fluido)
- Estratti liquidi o solidi di erba medica, alghe e melasso
- Estratto acido di alghe della famiglia Fucales
- Inoculo di funghi micorrizici (da distinguere dai prodotti per il suolo)
- Idrolizzato enzimatico di Fabaceae
- Filtrato di crema di alghe
- Estratti umici di leonardite
- Estratti fluido azotati a base di alga Macrocystis integrifolia.
Il Regolamento (UE) 2019/1009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale UE il 25 giugno 2019, stabilisce le norme per i prodotti fertilizzanti nell’Unione Europea, abrogando il precedente Regolamento (CE) 2003/2003. Ispirato ai principi di economia circolare, fornisce una definizione chiara dei biostimolanti:
“Un biostimolante delle piante è un prodotto fertilizzante dell’UE con la funzione di stimolare i processi nutrizionali delle piante indipendentemente dal tenore di nutrienti del prodotto, con l’unico obiettivo di migliorare una o più delle seguenti caratteristiche delle piante o della loro rizosfera:
a) efficienza nell’uso dei nutrienti;
b) tolleranza agli stress abiotici;
c) caratteristiche qualitative;
d) disponibilità di nutrienti nel suolo o nella rizosfera.”
Se vuoi approfondire gli aspetti normativi e conoscere i termini relativi all’entrata in vigore del nuovo regolamento sui fertilizzanti, consulta l’articolo scientifico relativo realizzato da Patrick du Jardin, già keynote speaker del Convegno internazionale organizzato nel 2018 presso il CREA di Pontecagnano. Puoi leggerlo qui.
Cosa contengono i biostimolanti?
Relativamente alla sottocategoria PFC 6 (B) biostimolante non microbico delle piante, le CMC da cui “attingere” per la loro formulazione sono tante, un elenco esemplificativo ma non esaustivo potrebbe includere:
CMC 1: sostanze e miscele a base di materiale grezzo
CMC 2: Piante, parti di piante o estratti di piante
CMC 6: sottoprodotti dell’industria alimentare
CMC 10: Prodotti derivati ai sensi del regolamento (CE) n. 1069/2009
Entrando nel dettaglio degli elementi che possiamo trovare alla base della produzione dei formulati, possiamo considerare una serie di materie prime quali (tratto da Giuseppe Colla – Corso del 28/9/2018):
Sostanze umiche
• Umine (non solubili in acqua)
• Acidi umici (solubili in acqua a pH alcalino e precipitano a pH 1-2)
• Acidi fulvici (solubili in acqua a tutti i pH)
Estratti di alghe
(In natura sono disponibili alghe verdi, rosse o brune – soprattutto del tipo Ascophyllum nodosum, Ecklonia maxima, Laminaria digitata e Fucus spp. – e microalghe, ndr)
Carboidrati (>60% s.s.)
– alginati/acido uronico (>30%)
– laminarina (1-20%)
– fucoidano (1-20%)
– mannitolo (1-20%)
Elementi minerali (5-30%)
Fenoli (2-15%)
Fitormoni (<1%) (Auxine, Citochinine, ABA, GA’s, Poliammine, Brassinosterodi)
Idrolizzati proteici
- Amminoacidi liberi e peptidi
- Carboidrati
- Elementi minerali
- Altre molecole (triacontanolo, poliammine)
- Fitormoni (origine vegetale)
Come agiscono i biostimolanti?
I biostimolanti agiscono stimolando specifici processi biologici nelle piante, migliorandone la crescita, la qualità e la resistenza a stress abiotici. La loro efficacia varia a seconda della formulazione e delle condizioni di utilizzo. Per valutarne l’efficacia, si distinguono diversi ambiti applicativi e metodologie di prova.
Organizzazioni come la FISSSA (Federazione Italiana delle società di servizi e sperimentazione in agricoltura) svolgono un ruolo cruciale nel trasferire la ricerca al campo. I centri di saggio, spesso in collaborazione con università o aziende produttrici, conducono prove che permettono di verificare i benefici e ottimizzare le modalità d’uso dei biostimolanti.
Tra le principali metodologie:
- Prove in camera di crescita:
Consentono di simulare condizioni di stress ambientale controllate, garantendo una valutazione precisa degli effetti dei biostimolanti. - Strumentazione avanzata:
Fornisce rilievi oggettivi e standardizzati, riducendo l’influenza di interpretazioni soggettive. - Analisi dell’accrescimento e dello sviluppo radicale:
Misurano direttamente l’impatto dei prodotti su parametri chiave di crescita.
Una standardizzazione dei processi di valutazione e dei claim sugli effetti dei biostimolanti è considerata essenziale per una corretta implementazione delle normative europee.
Come si usano i biostimolanti?
I biostimolanti vengono impiegati su diverse colture per:
- Aumentare l’efficienza nell’assorbimento dei nutrienti:
Riducendo le perdite e ottimizzando l’uso di fertilizzanti tradizionali. - Migliorare la tolleranza a stress abiotici:
Ad esempio, resistenza a siccità, salinità o temperature estreme. - Incrementare la qualità del raccolto:
Favorendo parametri come il contenuto di zuccheri, colore, consistenza o shelf-life. - Ottimizzare la rizosfera:
Migliorando la disponibilità di nutrienti grazie all’azione su microrganismi benefici del suolo.
A cosa servono i biostimolanti in orticoltura?
Parlare di colture orticole significa considerare sia il pieno campo, sia le serre (orticoltura su suolo in ambiente protetto o fuori suolo), valutando sia la piena produzione sia il vivaismo.
Nell’ambito del vivaismo orticolo (cfr. Giuseppe Colla, prima edizione del Focus organizzato da Fertilgest), gli effetti ricercati con il loro apporto sono:
- Incremento degli standard qualitativi della piantina
- Aumento dei ritmi di crescita
- Miglioramento delle performance post-trapianto
Vengono quindi analizzati superficie e colore delle foglie, stato di salute, stato nutrizionale, spessore dello stelo, sostanza secca, apparato radicale, microrganismi benefici.
- Nella produzioni orticole ci si concentra su
- Rapido superamento della crisi da trapianto
- Precocizzazione dell’entrata in produzione
- Incremento di crescita, fioritura, allegagione e pezzatura dei frutti
- Miglioramento della qualità del prodotto
- Maggior efficienza d’uso dei nutrienti
- Aumento della tolleranza agli stress abiotici
I risultati si concretizzano in un incremento del reddito dell’agricoltore per l’aumento della produzione unitaria, l’incremento del prezzo di vendita del prodotto, la riduzione dei costi di produzione.
Gli effetti positivi possono variare in funzione del genotipo, della tecnica agronomica e delle condizioni pedo-climatiche.
Ulteriori ricerche e sperimentazioni dovranno identificare per le diverse colture le condizioni agronomiche ed ambientali in cui l’applicazione di questa categoria di prodotti trova una giustificazione economica.
E’ necessario comprendere i meccanismi di azione e identificare le eventuali interazioni positive che possono derivare dall’apporto combinato di due o più prodotti o di essi stessi con i concimi e/o fitofarmaci.
A cosa servono i biostimolanti in frutticoltura?
Evidenze scientifiche dimostrano come il loro apporto possa contribuire a:
- ingrossamento frutto e/o raggiungimento del “calibro ottimale” (è possibile infatti stimolare il metabolismo dei frutticini e favorire la moltiplicazione cellulare
- mantenimento della consistenza dei frutti
- allungamento della shelf-life/conservabilità
- attivazione dei naturali meccanismi fisiologici che conducono alla biosintesi dell’etilene, l’ormone della maturazione, e dei pigmenti responsabili della colorazione dei frutti (antocianine e carotenoidi)
- effetti positivi sulla fisiologia delle colture, i quali si traducono in una migliore risposta agli stress tramite un sostanziale incremento nell’assimilazione di nutrienti
- migliorare i processi di fioritura, allegagione, sviluppo e maturazione dei frutti. Questi risultano quindi più abbondanti, migliori per colore e pezzature, nonché caratterizzati da migliori qualità organolettiche
Kiwi, drupacee, pomacee, uva da tavola, ma anche piccoli frutti e frutta a guscio possono usufruire di questi benefici.
A cosa servono i biostimolanti in viticoltura?
Le fasi principali del ciclo vegetativo della vite sono due: la prima è quella del riposo che va da novembre a febbraio e la seconda è quella della crescita che va da marzo a fine ottobre.
Durante il periodo di riposo, la pianta, pur non dando segni di vitalità, si prepara per affrontare il periodo attivo che la vedrà impegnata con tutte le energie a dare vita ai suoi frutti.
Il periodo attivo inizia in primavera con la fase del pianto, il primo segno di risveglio della pianta, e successivamente con quella del germogliamento, il momento in cui iniziano a vedersi le prime foglie.
Tali prodotti possono contribuire a:
- stimolare la vite a produrre citochinine endogene e di conseguenza a sviluppare un nuovo e abbondante apparato radicale, e quindi una migliore assimilazione degli elementi nutritivi
- uniformare il germogliamento nel tralcio, evitando il fenomeno della dominanza apicale
- aumentare sia grado zuccherino sia l’alcol potenziale, senza agire sul mosto. Il più alto indice di maturazione tecnologica (Zuccheri/Acidi) si può ottenere grazie all’aumento dei gradi brix, senza provocare repentini abbassamenti dell’acidità e del pH
- attività ormono-simile: ad esempio auxine e gibberelline, stimolano lo sviluppo vegetativo, l’induzione a fiore delle gemme e l’allegagione più regolare
- favorire l’allungamento del rachide (uva da vino), poiché agiscono sulle fasi di divisione e distensione cellulare
- stimolare la fotosintesi clorofilliana e migliorare la resistenza della pianta agli stress, contribuendo all’aumento del profilo aromatico nella vite
- favorire la radicazione delle barbatelle, aumentando la resistenza delle viti agli stress abiotici
A cosa servono i biostimolanti nelle colture estensive?
In occasione dei “Campo Demo”, sono state approfondite varie linee tecniche che hanno esaminato l’effetto dell’impiego di questi formulati per colture estensive quali mais e soia.
Ad esempio, sono stati presi in considerazione prodotti che:
- riducono i danni causati da stress di origine climatica agendo positivamente sulla fisiologia della pianta
- utilizzati in associazione ai diserbanti consentono di riattivare più velocemente la crescita e lo sviluppo delle piante facilitando l’assorbimento dei principi attivi e migliorando la penetrazione dei formulati
- riducono la tossicità e stimola il recupero dopo applicazioni di erbicidi post-emergenza
- aiutano le piante a mantenere sempre pienamente attive tutte le vie biochimiche sia in condizioni normali sia in momenti critici determinati da stress esterni
- che applicati nei momenti di stress della pianta – come l’utilizzo di diserbi – consentono alla pianta stessa di superare gli arresti di crescita vegetativa a cui viene sottoposta
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